Cesare Ravasio

con PAVESE

sui sentieri delle Langhe

Storie di viaggi, d'amicizia e altre sensazioni

Comune di Santo Stefano Belbo

 

 

Tra i tanti amici di S. Stefano Belbo, un posto particolare occupa Cesare Ravasio. Da anni ormai, il nostro paese è la meta dei suoi viaggi, col tempo fattisi sempre più frequenti, alla ricerca di luoghi e atmosfere pavesiane.

S. Stefano Belbo con le colline circostanti è uno dei suoi paesaggi d’elezione per via delle affinità con Cesare Pavese che gli ha fatto da guida, attraverso i libri, per i sentieri delle Langhe.

Molti di questi luoghi Ravasio li ha poi resi pittoricamente in quadri che testimoniano la sua lunga fedeltà a una geografia letteraria.

Ora vede la luce questa monografia che presenta una scelta ragionata delle ultime opere di Ravasio.

Non potevamo fare a meno di patrocinarla, anche per rappresentargli la simpatia e la gratitudine per la sua feconda frequentazione del nostro paese, dove nel corso degli anni si è fatto non pochi amici ed estimatori.

Quello che a noi santostefanesi Ravasio insegna con il suo contagioso entusiasmo, è che non sempre sappiamo adeguatamente apprezzare il fascino del paesaggio che ci circonda e in cui quotidianamente viviamo. Allora l’opera artistica di Ravasio, consegnata, pur se in se in sintesi, alle pagine di questa monografia, può molto servirci a capire e amare di più e meglio il nostro paese.

                                                                                 Giovanni Franco Ceretto

                                                                                 (Sindaco di S. Stefano Belbo)

                                                                                          Dicembre 1992

Sentieri di Langa

Forse le nuvole e il buio partono ancora da lontano.

La signora mi dice: “Oggi ci porta via il vento…”

Cosa c’è in quest’aria? Ci ascoltiamo, lei è veloce , fresca e leggera, ha il profumo dei boschi, di lillà, di primavera.

Con chi andremo via? Con chi domani passeremo lungo i sentieri?

Lui gira lo sguardo, si accende la sigaretta e il vento ci passa sopra.

Le colline sono di fronte a noi, rotonde, hanno fianchi di giovani donne, e noi siamo come quel gatto che osserva l’orizzonte in fondo al cielo. Siamo passi leggeri tra i filari attraversando la vita.

Alessandro mi guarda, è come se io non me ne accorgessi.

“Oggi – dice la Signora – c’è il vento che ci porta via” e chissà se le nuvole e il buio partono ancora da lontano.

L’aria, che ci accarezza, viene piano piano dal mare, sfiora le colline e si ferma sui tralci di vite, su una pianta di rosmarino, avvolge un rastrello appoggiato all’uscio, canta con i grilli della sera, si accende con i primi falò al crepuscolo.

È passato qualcosa, è passato qualcuno. Dal paese di Santo Stefano, da Canelli è giunto fino a noi con il rumore delle martinicche, fra i rami di un autunno unito alle nostre passeggiate sulle colline, nella riva sotto il Salto, nelle gaggíe lungo il ponte, sui bricchi colpiti dal sole.

Eppure un’ombra mi sfiora, dialogo con chi strappa ciuffi d’erba secca,è tutto qui il nostro paradiso, i mari del sud, tutto qui.

Guardiamo Moncucco, una cima più alta, osserviamo la piana di Belbo, la casa di Nuto; quante storie c’erano anche allora: il clarino che suona alle feste, la pialla che indurisce le mani…

Mentre in valle corre un ruscello parlante, una folata di vento ci investe, ed io subito penso: “Chissà chi la cambia l’aria dell’universo...!”

L’estate ci coglie distratti a fissare lucertole e vigneti color verde rame; i gerani di Nuto, il suo glicine nervoso dicono molto più che parole.

Si vedono bene ora che siamo su un’altra costa; il sentiero scende in valle e tra gli alberi ci segue la torre di Roccaverano, di Neive, di Barbaresco; i campanili di Canelli, la misteriosa Lunetta e il bricco di Serralunga sono già lontani...

Uno sciame d’api, i salici piangono con la prima luna, l’aria della sera, i sassi rotolati, le rane dietro le albere di Belbo, i girasoli che danzano al ritmo del vento, il nettare di un’età, ogni stagione ha le proprie fantasie.

Qui dove abita il tempo, dove i carri riposano sotto i noccioli, mi accorgo che adesso Alessandro mi guarda e scuote la testa, sento la signora che ripete: “Oggi c’è il vento che ci porta via…”

Quante storie c’erano anche allora; chissà se ora il buio e le nuvole partono ancora da lontano…!

Qualcuno mi chiama, giro lo sguardo e sento che oggi non è solo quel vento a portarci via...!

                                              Cesare Ravasio

                                                   Aprile 1992

 

LA VALLE DEL ROSMARINO

Cè anche tuo padre in questa nostra valle del rosmarino, ci sono i nostri riflessi a rassicurarci, il sorgere del sole, un gesto, una preghiera, una parola dopo l’altra, il leggero chiarore, un nuovo giorno vestito di crepuscolo.

C’è tuo padre e anche il mio, nella calda estate di quest’anno, viaggiano con il vento impigliati tra salvia e rosmarino, se li ascolti li senti parlare quel dialogo forte e contadino, come due papaveri, ed eccoli rinascere con l’alba con la nuova luce, protagonisti dei sogni di chi resta…!

C’è mio padre che offre una sigaretta al tuo, una sigaretta arrotolata con l’ultima cartina rimasta!

Nella valle del rosmarino dopo tanti anni ancora, perché questo incontro sia un riposo, una parentesi dolorosa già chiusa che riaffiora...!

Adesso il viaggio lascia impronte sul sentiero e confondiamo i nostri passi, i nostri discorsi con tuo padre ed il mio...

Dalla cima della collina, io ti indico una pianta di fico poco lontana da noi, e se stai in silenzio, se ascolti il silenzio un attimo, puoi udire le loro voci, le pause, puoi vedere del fumo di sigaretta salire dietro un gigantesco rosmarino, ma nessuno e nemmeno noi li possiamo disturbare ne fotografare, la foto resta sviluppata sulla carta della nostra fantasia, nel profondo della memoria!

Non credevo di incontrare i nostri padri sotto questo cielo di Langa...!

Saranno i vigneti questo caldo afoso, tra i filari, l’odore di verderame mi fa immaginare tutto questo, siamo noi gli appassionati echi dei nostri padri, le loro voci, i sussurri, il loro timido dolore...!

Io so che quando le nostre foto avranno fermato gli attimi, gli occhi vedranno un gigantesco rosmarino e nulla più…!

Cara è la nostra fantasia, con i suoi baffi, mio padre entra in un “crotin” a prendere la fresca bottiglia di vino, io sorrido mentre i nostri padri sdraiati sull’erba d’agosto suonano la fisarmonica, parlano di vigne e di donne, dialogano così tanto che poi li incontriamo sul sentiero che porta a S. Maurizio.

Che magica questa valle del rosmarino! Con i suoi colori profumi e miraggi, il tramonto ci chiama, in fondo alla valle troviamo una bottiglia vuota appoggiata al muro, qualche mozzicone di sigaretta…!

Ci guardiamo sereni, ritorniamo con le valige dei pensieri stipate di ricordi e sensazioni, rabbrividendo stringiamo forte un rametto di rosmarino tra le mani…!

Ai nostri padri, al vento, alla memoria.

Con amicizia a Renato Olivieri.

           Cesare Ravasio

                                                                                        Agosto 1997